mercoledì 3 luglio 2013

Il limite

Come si fa a non vederlo, eppure è qui. Nelle strade, nei palazzi, nella nostra testa. Da sempre ci distrae, impone il suo volere e designa i percorsi delle nostre vite. Molti ci hanno provato, qualcuno è riuscito a sbarazzarsene, ad allontanarlo, a fare a meno di lui, a vivere la propria vita senza stare sotto i suoi influssi.
Deve essere una sensazione meravigliosa. Forse la sua assenza rende le cose meno tangibili, meno ovvie, ma infinitamente più grandi e luminose, o forse è proprio grazie ad esso che ogni cosa riesce a stupirci, ad assumere ai nostri occhi un senso ed un valore. Un giorno, chissà, forse lo scopriremo...

martedì 2 luglio 2013

Anesthesia

Come un lampo di luce in una notte senza fine,
la vita è intrappolata tra due entità nere,
perché quando ti fidi di qualcuno,
comincia l'illusione...




                   Type O Negative  -   Anesthesia

lunedì 24 giugno 2013

Rovine...

Fuori non c'era nulla, solo un mucchio di macerie e pioggia. L'uomo strisciò nell'ennesima buca, la controllò brevemente ed andò oltre. Una folata di vento gli gettò in faccia gli odori della morte, dell'orrore, della putrefazione... Era successo tutto in così poco tempo... L'uomo errò ancora per un po in mezzo a quel che rimaneva del castello dei Couldroun, quella che fino a poche ore prima era stata una delle famiglie più importanti d'Inghilterra, poi si allontanò in silenzio, svanendo nella pioggia. Dietro di lui rimasero un cumulo di pietre fumanti e distrutte, e i bassi e raccapriccianti ululati che ancora giungevano dai sotterranei del castello...

lunedì 17 giugno 2013

La dimora

Il freddo respiro della notte mi accarezza la pelle. Scie odorose lambiscono i miei sensi, allietando a tratti l'accuratezza dell'olfatto. Il chiarore della luna danza tra le nuvole, sospeso tra il cielo e la terra. Mi muovo.
I piedi scalzi fremono al contatto con la fredda erba che ricopre l'antica via di ciottoli che conduce al cimitero. Rumori di fronde sospinte dal vento. Un gemito basso e disarticolato. Scricchiolii. Le lapidi rilucono di uno splendore cristallino, una sorta di rivalsa della morte sulla vita. Passo una mano sulla gelida superficie poroso di una croce di pietra. I sapori della notte... Mi inoltro ancora tra le costruzioni del sepolcreto, che sbucano dalla terra come mani, poi trovo il varco che cercavo, e, come ogni notte, torno a riposare nella mia fredda e mesta dimora...

domenica 16 giugno 2013

Il rito

Gli antichi salici sussurravano nella brezza notturna, accompagnati dalle dolci fragranze trasportate dal fiume, che procedeva mesto e silenzioso nel suo incedere inesorabile. I grilli alzavano il loro monotono canto alla luna, e gli echi del vociare degli animali notturni si perdevano nella valle come bisbigli appena percettibili.
Di tanto in tanto si levava un suono nuovo, sconosciuto, estraneo a quel piccolo momento di idilliaca tranquillità, e spezzava per un istante la magia di quella notte di fine estate. Era una voce umana, o così avrebbe giurato qualunque possibile testimone di quella manifestazione auditiva, tuttavia sembrava tuonare dal cielo, dall'oscurità imperscrutabile che dominava tutto dall'alto, e rimbombava nell'aria tiepida con un'intensità sconcertante. Subito dopo questa voce, sembravano levarsi dei brevi cori, o canti, che terminavano bruscamente nel giro di pochi secondi, seguiti da un basso ruggito di tamburi, ed infine da un'agghiacciante urlo di donna. Andava avanti così dalla mezzanotte, e Thomas Landegaard avrebbe giurato sulla testa della sua giumenta preferita che sarebbe cessato tutto allo spuntar dell'alba. Quello che stava succedendo, di qualunque cosa si trattasse, lo agghiacciava. Erano dieci notti che veniva svegliato a mezzanotte da quelle voci oscene, ed erano dieci notti che si allontanava dalla sua fattoria armato di fucile per andare a vedere cosa diamine stesse succedendo, e, come le nove notti precedenti, anche stavolta si era fermato sulla soglia del fiume, incapace di andare oltre, di superare l'ultima asperità rocciosa che gli avrebbe rivelato la natura di quei suoni così spaventosi. Forse era meglio non sapere. Forse sarebbe stato meglio tornarsene alla fattoria, dalla sua famiglia, e pregare affinché quegli orrori, della cui natura l'uomo non era affatto certo, restassero li dov'erano, senza interessare lui e la sua vita semplice ed onesta. L'unica remora che lo tratteneva da un dietrofront immediato era legata a quelle urla di donne. Cosa stava loro capitando? Voleva veramente saperlo? No. Di questo ora era quasi certo. Si, avrebbe fatto così. Sarebbe tornato a casa e avrebbe pregato, e avrebbe dormito con un occhio aperto e con il fucile a portata di mano.
Si voltò, esitò un'ultima volta, quindi si avviò lungo il sentiero erboso che serpeggiava in mezzo alla valle fino alla sua fattoria. Superò le enormi radici secche di un salice morto da lungo tempo e discese lungo un canalone circondata da alti cespugli rigogliosi. Dopo non molto giunse in vista della fattoria, e proprio mentre varcava il cancelletto di legno che delimitava la sua proprietà, l'eco lontano di un ultimo grido di donna lacerò la quiete della notte. Voltatosi, Thomas Landegaard intravide un bagliore rossastro giungere da dietro le colline scure,e rimase inorridito nel constatare che non si trattava del sorgere del sole. Un odore acre, insistente e nauseante raggiunse le sue narici, spandendosi nell'aria come un'esalazione velenosa. L'uomo sussultò violentemente: era odore di carne bruciata.

martedì 11 giugno 2013

L'ultimo fuoco

La pioggia non cessava di cadere, da giorni ormai... I due uomini chiusi nella grande sala che dava sul parco erano allo stremo delle forze. Si avvicendavano davanti all'ampio camino in mattoni che dominava la stanza, cercando di mantenere vivo il fuoco. Non fare spegnere le fiamme era importante, era la cosa più importante che avessero mai fatto. Gettavano un pezzo di legno dopo l'altro, e la pila di ciocchi stagionati e rami freschi che avevano preparato circa 36 ore prima stava rapidamente esaurendosi. Quando si fossero trovati senza più combustibile, avrebbero gettato nel camino le sedie, i tavoli, e persino la preziosissima libreria in mogano nella quale Mr. Peabody conservava i suoi trattati occulti. Un tuono esplose nel cielo scuro come la notte, ed il lampo azzurrognolo che si sprigionò nel cielo filtrò dalle grandi finestre a vetrate, stampando ombre distorte contro le pareti. "Buon Dio..." sussurrò gravemente Mr. Peabody gettando un'occhiata torva verso le finestre. L'aroma amaro ed insistente della sua pipa aleggiava nella stanza, vincendo anche gli odori del fumo e della legna bruciata che si sprigionavano abbondantemente dal camino. "La legna è quasi finita" gemette con un filo di voce il dottor Willett, senza distogliere lo sguardo dal chiarore delle lingue di fuoco che danzavano nel focolare. "Arriveremo al massimo a questa notte, mai a domattina." concluse infine disperato.
Un silenzio di rassegnazione si stabilì nella stanza. Nelle loro menti, i due uomini ripercorrevano inesorabilmente le tappe che li avevano condotti alla situazione attuale, le folli profanazioni al cimitero di Marjorie Hill, il trasporto dei corpi nella grande villa di Mr. Peabody, il rito, quel rito oscuro e maledetto che loro e altri due compagni avevano celebrato col favore della luna piena, appena un giorno e mezzo prima.
Poi c'era stato il risveglio, il risveglio di qualcosa, di un'entità da luoghi sconosciuti e remoti, da sfere lontane che niente hanno a che vedere con le vicende umane, e l'abisso nel quale erano sprofondati. Il Signor Willis e Mr. Roxburgh erano caduti vittime del male empio che avevano richiamato sulla terra, e poi si erano levati dalla morte, orrendamente transmutati in grette e vili caricature delle persone che erano state in vita, ed avevano reclamato le anime degli unici due che erano scampati al trapasso. Mr. Peabody ed il dottor Willett avevano trovato riparo nel grande salone patronale al pian terreno, ed avevano barricato l'unica entrata, l'ampio portone in legno di quercia, ed erano riusciti a resistere la prima notte, sotto i colpi feroci dei loro orrendi braccatori. I lamenti disumani dei due esseri tornati dalla morte avevano echeggiato nella tenuta per tutta la notte, poi al sorgere del sole erano cessati. Vittime del terrore folle, Mr. Peabody ed il dottor Willett avevano proseguito a tenere vivo il fuoco, avendo intuito che esso, o la luce che produceva, aiutava a tenere lontano gli spiriti erranti che li cercavano. Ma la notte era nuovamente vicina, ed il fuoco sarebbe durato ancora per poco. L'idea di fuggire dalle finestre era folle. Avevano ben udito la notte precedente i mostruosi richiami di qualcosa che si muoveva nella bruma, richiami che sembravano articolati dal vento incalzante, da ombre che si muovevano su grandi ali membranose, e che falciavano il cielo scandagliato dalla pioggia.
Erano in trappola, vittime di quel male indescrivibile che avevano richiamato sulla terra per capriccio, per soddisfare quel brivido e quel bisogno di mistero che li aveva spinti a lanciarsi in quella folle e sciocca avventura. Ecco, il sole doveva essere calato. Dai bui e freddi corridoi della tenuta si levavano di nuovo quegli abominevoli suoni, quelle litanie generate da tessuti putrefatti e corrotti, da carne marcia ed empia, quei canti diabolici che si avvicinavano sempre di più, come una condanna a morte. Mr. Peabody ed il dottor Willett si strinsero vicino al camino. Il dottore afferrò l'ultimo pezzo di legna rimasto, e lo gettò nel fuoco che iniziava ad indebolirsi, a trasformarsi in brace e poi in cenere.
"Siamo alla fine", sussurrò più a se stesso che al suo compagno di sventura, e bevve un lento sorso da una fiaschetta d'argento che stringeva in mano come se fosse la chiave per la loro salvezza.
"Siamo alla fine" gli fece eco Mr. Peabody, ed insieme osservarono l'ultimo brano di legno che veniva debolmente oscurato da una debole lingua di fuoco. Fuori, un fulmine esplose nel cielo sconquassato dalla pioggia, echeggiando sulla tenuta come un oscuro rintocco funebre.

lunedì 10 giugno 2013

La donna nel sudario

Le tenebre sono scese da poco. La notte deve ancora giungere, e la sera è in quella fase intermedia fatta di strani echi nel silenzio, di scricchiolii impercettibili, di sussurri di vento che vagano come spiriti inquieti. Le cime degli alberi frusciano nella fresca brezza che soffia da nord, portandosi appresso un carico di odori di montagna, sentori di boschi bagnati dalla pioggia, umori di sottobosco ricco e profumato, e quella sensazione di terra umida che è così vivida...Sembra quasi di trovarsi li, immersi nel folto della vegetazione madida e rigogliosa, con i piedi sprofondati nel terreno bagnato ed odoroso di resine e muschi, respirando l'aria gelida che filtra tra gli immensi tronchi sgocciolanti degli alberi secolari. Invece la figura sfuggente e sinistra che si muove nell'oscurità può scivolare agilmente nella radura asciutta e fresca che si apre a ridosso della collina, che rappresenta uno dei primi contrafforti delle montagne. Sparisce per un'istante dal campo visivo della ragazzina che si trova per caso ad osservarla dal giardino di casa sua, poi riappare dopo un ampio cespuglio che è poco più di una macchia scura nella notte. La piccola prova a mettere a fuoco quella visione, ma l'immagine che i suoi occhi le restituiscono è sfocata e confusa. La ragazzina ha paura. Non doveva uscire da sola in giardino, soprattutto a quell'ora della notte. La mamma glielo aveva detto, si possono fare brutti incontri se si esce da soli di notte. Ci sono animali che vedono al buio, uccelli grandi e silenziosi che ci spiano dalle cime degli alberi, ma la mamma non aveva mai parlato di quelle cose, di quella figura che ora la bambina sta osservando con una crescente inquietudine. Sembra quasi che stia annusando l'aria. Si muove furtiva e silenziosa, avvicinandosi poco alla volta al giardino dal quale è osservata. La bambina, che si chiama Rose e che ha 8 anni, si impietrisce. Vorrebbe urlare e correre in casa, gettarsi nelle braccia della madre e prometterle che non le disubbidirà più, che non uscirà mai più di nascosto per andare a giocare in giardino, ma non può. La paura le ha attanagliato le viscere e bloccato le gambe come in una morsa. Prova a gemere, ma l'istinto di sopravvivenza le impedisce di fare anche il più piccolo rumore. Rimane li, immobile, gli occhi che, purtroppo per lei, si abituano di più al buio ogni secondo che passa, e le permettono di captare sempre più dettagli, sempre più particolari di quella visione che la sta terrorizzando. Ora la figura è a pochi metri dalla bambina, in un tratto di bassi cespugli che delimita il giardino della piccola dalla radura circostante. Avanza senza fare rumore, ed apparentemente senza muovere nulla al suo passaggio. Solo quando è ad una decina di passi da Rose, la bambina riesce a distinguere bene di cosa si tratta. Gli occhi sgranati e innocenti della ragazzina si soffermano sui lineamenti precisi ed aguzzi di una donna, avvolta in un sudario trasparente, che riluce debolmente agli scarni raggi lunari che filtrano dalla nera coltre di nubi che vela il cielo. La donna, e la mente della piccola sussulta non appena si rende conto di questa intuizione, è stranamente simile alla mamma, con un naso sottile e lungo, e due grandi occhi neri che sondano le tenebre circostanti. Le labbra della donna sono scure, e da esse cola un liquido altrettanto scuro, che Rose solo parzialmente riconosce essere del sangue. La figura si muove leggiadra e guardinga, poi arrivata in prossimità della piccola osservatrice terrorizzata che la spia da dietro una altalena, abbassa lo sguardo e fissa i suoi occhi profondi come pozzi senza fine in quelli della bambina. Un ghigno terrificante si dipinge allora sul volto della donna sbucata dall'oscurità, un ghigno che si apre su denti bianchissimi ed affilatissimi, che sembrano splendere di una luce propria. La ragazzina ha appena il tempo di socchiudere le labbra per urlare finalmente con tutto il fiato che ha in corpo, ma proprio quando sente risalire dal basso la voce che le era fino a quel momento mancata, si ferma. Qualcosa è successo. La donna è sparita. Come portata via da un'improvvisa folata di vento, l'apparizione si è dissolta nell'aria fresca della notte. Rose muove la testa in più direzioni, ora più sorpresa che spaventata, ma non vede nulla. Solo le tenebre dense e compatte che dominano la notte. Con uno slancio di coraggio riesce a riprendersi dal torpore che il suo corpo terrorizzato le aveva imposto, e corre verso casa. Il giardino è silenzioso ma inquietante, così, quando raggiunge infine la porta di casa e la apre, si rende conto di essere ancora terrorizzata. Si infila nell'apertura che aveva lasciato quando era sgattaiolata fuori alcuni minuti prima, e lancia un'ultima occhiata intorno. Niente. Solo le ombre notturne e le sagome scure delle montagne contro il cielo nuvoloso. Sta per chiudere la porta quando un movimento innesca l'attenzione della sua visione periferica. Un rapido flash chiaro, un movimento velocissimo che però non ha lasciato tracce ed è già svanito nel nulla. La radura giace immobile, immersa negli effluvi montani che il vento sospinge lievemente, e le tenebre ora non sembrano celare nessun mistero e nessun orrore...

Joy Division - "Shadowplay"

sabato 8 giugno 2013

John Murphy - Sunshine

Spazio...

C'è una grandiosità nel gelido silenzio che da li, da oltre il confine della nostra atmosfera, si stende in ogni direzione oltre i confini dell'umano concepire, oltre le elucubrazioni che il raziocinio della nostra mente potrà mai ammettere. Alcuni lo chiamano spazio cosmico, altri inappropriatamente cielo. La scienza, la fisica, la filosofia e qualunque altra forma di pensiero organizzata dall'uomo hanno cercato di spiegare come è nato, come si è formato, quali siano le leggi che lo gestiscono, ma secoli di studi e teorie non sono ancora riusciti a spiegare tutto. E non ci riusciranno mai... Pianeti, stelle, masse sconosciute, costellazioni... Lassù c'è la vita, la vita vera... dove tutto ha avuto origine. Abbiamo esplorato una porzione infinitamente insignificante dell'immensità senza fine che esiste tutt'intorno a noi, e chissà che in giro per quelle sterminate pianure intergalattiche non vi siano intelligenze che sono arrivate a conoscere molto meglio di noi la gloria degli infiniti spazi gelidi e silenti che riempiono tutto...

I fili del destino...

L'idea di poter influenzare, in un modo o in un altro, il corso degli eventi globali, ha sempre ronzato nella testa di chiunque, seppur solo per un attimo. D'altronde si tratta di un pensiero accattivante, edonizzante. Poter decidere le sorti di un avvenimento, di un incontro, poter manipolare il flusso di attività che riguardano un determinato soggetto, perché no, decidere le sorti del pianeta terra e della razza umana. Nella testa di Donnie non frulla niente di tutto ciò. La vita a Middlesex si svolge per lui attraverso giornate vuote e prive di senso, che mettono in evidenza le sue stranezze, il suo essere un ragazzo decisamente problematico e decisamente intelligente, con chiari segni di schizofrenia. Frequenta il liceo ed è il figlio di mezzo in una famiglia della middle class americana. Tutto cambia quando la notte del 2 ottobre 1988, il motore di un aereo di linea si schianta nella sua camera da letto, distruggendo tutto. Per sua fortuna in quel momento Donnie è assente, impegnato a seguire il suo nuovo amico immaginario Frank, un coniglio gigante alto quanto un uomo adulto, che tramite una visione lo ha condotto lontano da casa. Quando Donnie si risveglia il mattino dopo, in un campo da golf, ha segnati sul braccio dei numeri, 28 06 42 12, che corrispondo a 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi, ossia il tempo che rimane prima che il mondo finisca, stando a quello che dice Frank.
Da quel momento in poi le visioni di Donnie si fanno sempre più frequenti, la figura inquietante e bizzarramente antropomorfa di Frank sembra volerlo guidare, con segnali ed immagini che il ragazzo non riesce ad interpretare. Contemporaneamente conosce Gretchen, una giovane che si è unita alla sua classe, con la quale inizia una strana relazione, che parzialmente sembra farlo stare meglio. Donnie inizia ad interessarsi di viaggi nel tempo, soprattutto dopo una menzione a tal proposito di Frank in una delle sue visioni, e dopo aver scoperto che un'anziana donna che abita dalle parti di casa sua, e che molti anni prima insegnava al suo liceo, ha scritto un libro intitolato "La filosofia dei viaggi nel tempo". Questo sembra collegarsi in qualche modo a tutto quello che gli sta succedendo e a quello che gli dice Frank nelle sue visioni, e Donnie inizia a sentirsi sempre di più all'interno di un meccanismo, di una missione che lo vede protagonista. Oltre alle visioni del suo amico coniglio immaginario, il ragazzo inizia a vedere delle strane forme cilindriche, simili a serpenti trasparenti, che si muovono a partire dal petto delle persone, lui compreso, muovendosi poi nello spazio come se anticipassero i movimenti della persona dalla quale fuoriescono. Un pomeriggio, seguendo una di queste figure che è sbucata dal suo plesso solare, Donnie giunge in camera dei suoi genitori, dove trova una pistola. Nonostante l'acutizzarsi delle visioni e del progressivo distaccamento dalla realtà, si fidanza con Gretchen, ed entra in possesso di una copia del libro sui viaggi nel tempo scritto dall'anziana donna che abita vicino casa sua. Un giorno camminando per strada trova per caso il portafoglio di Jim Cunningham, un motivatore che tiene seminari nella sua scuola su come affrontare la paura e sul come procede sulla via dell'amore, ed in quel momento la voce di Frank si fa sentire, dicendogli che ora sa dove l'uomo abita. Quella sera Donnie va al cinema con Gretchen, e mentre la ragazza dorme, lui vede ancora Frank, che su sua richiesta si toglie la maschera da coniglio, rivelato il volto di un ragazzo con lunghi capelli neri, con un occhio ferito dal quale fuoriesce del sangue. Frank parla con Donnie, e gli ordina di bruciare la casa di Jim Cunningham. Donnie si dirige verso l'edificio ed appicca il fuoco, poi torna al cinema da Gretchen che ancora dorme. Siamo al 29 ottobre, ad un solo giorno cioè dalla fine del mondo profetizzata da Frank. La sorella di Donnie, Elizabeth, viene ammessa ad Harvard, ed i due decidono di fare una festa la sera stessa. La festa va bene, Donnie fa l'amore con Gretchen ed avverte per la prima volta di non essere solo, di non aver paura di ritrovarsi da solo, ma tutto questo dura solo fino a mezzanotte. Allo scoccare del giorno indicato da Frank come la fine del mondo, Donnie ha una visione e decide di fuggire dalla festa con Gretchen e con due suoi amici. Si dirige verso la casa di Nonna morte, l'anziana signora che con il suo libro sui viaggi nel tempo ha condizionato il suo modo di pensare ed agire, ed in particolare è interessato alla porta della cantina, che gli era stata citata dalla sua professoressa di letteratura in maniera apparentemente casuale.
Donnie è convinto di trovare in questo luogo le risposte a tutti gli enigmi che gli invadono la testa, ma nella cantina della donna incontrano solo due teppisti che stanno facendo una rapina. Scoppia una colluttazione, i ragazzi si ritrovano in strada e Gretchen cade per terra. Mentre Donnie lotta con uno dei due per liberarsi, una macchina sopraggiunge a gran velocità, travolgendo Gretchen e uccidendola. Dall'auto scendono due ragazzi, travestiti uno da clown, e l'altro, quello che guidava, identico a Frank. I due teppisti scappano e Donnie rimane solo con i due ragazzi scesi dall'auto. Il ragazzo alla guida si toglie la maschera, rivelandosi esattamente uguale a Frank come si era mostrato nella visione all'interno del cinema. Senza esitazioni Donnie estrae la pistola che aveva trovato in camera dei genitori e spara in un occhio del ragazzo uguale a Frank, uccidendolo sul colpo. Tutto sembra sprofondare, Donnie porta il cadavere di Gretchen in macchina fino alle alture che circondano Middlesex, e da quel punto vede una strana turbolenza scuotere il cielo, ed al centro di quella turbolenza vola un aereo, sul quale viaggiano la madre di Donnie e la sorellina di ritorno da un'esibizione di ballo. A causa della turbolenza l'aereo perde un motore, che precipita verso il basso.
Donnie si ritrova in camera sua, sdraiato sul suo letto, e ride, ride di gusto e di eccitazione, poi si calma, nei suoi occhi aleggia qualcosa, e il ragazzo si volta per dormire. Poco dopo il motore dell'aereo piomba dall'alto, distruggendo tutto come era successo il 2 ottobre, quando Donnie si era salvato.
L'ultima scena vede per protagonista Gretchen, che passa in bici davanti all'abitazione dei Darko (la famiglia di Donnie), e si ferma a causa del trambusto di curiosi e polizia. Chiede ad un ragazzino cosa sia successo, e questo gli risponde che il suo vicino, Donnie, è morto schiacciato dal motore di un aereo. Quando il piccolo chiede a Gretchen se conosceva la vittima, lei risponde di no, ma una strana vicinanza, come se si trattasse di ricordi, la spinge a rimanere colpita dall'accaduto.
I modi per interpretare questa storia sono molteplici e secondo me anche personali, ma la cosa che mi ha colpito di più e che mi ha spinto a vedere e rivedere questo film diverse volte, è proprio quel senso di legami inspiegabili, di possibilità di cambiare le cose, di manovrare il corso degli eventi per compiere il proprio destino, e magari chissà, salvare il mondo...

Variazioni...

Cambiano i dettagli, cambiano le sfumature, cambia quello che avrebbe potuto essere in un modo ed invece è in un altro... Cambiano gli occhi con cui si vede, anche se nulla è mai cambiato, e quello che avrebbe potuto essere meraviglioso è solo uno scheletro, uno scheletro di ciò che non è mai stato...

"Amo la tua voce e la tua folle danza".... Jeff Buckley - "Dream Brother"

Segreti...mentre tutto rallenta... The Cure - "Secrets"

giovedì 6 giugno 2013

Luna

Vi è mai capitato di alzare la testa verso l'alto, magari in una fresca serata d'autunno, e di rimanere folgorati dalla visione della candida e velata sagoma della luna spiccante in un cielo scuro ma quieto? Vi è mai capitato di ritrovarvi a contemplare quella gigantesca massa pallida che guarda il nostro pianeta dagli gelidi spazi interstellari? Vi è mai capitato di cercarla con lo sguardo, e di provare qualcosa di strano nel vederla svanire dietro alle nuvole, o dietro alla sagoma di alti contrafforti montuosi? Se si, allora sicuramente gradirete il video qui sotto...

Echo & The Bunnymen - The Killing Moon

Una via nell'oscurità...

Una questione di scelte

La vita spesso ci pone davanti a delle scelte, molte volte difficilissime, a volte perfino assurde, e la direzione nella quale la nostra vita procederà potrebbe dipendere dal tipo di decisione che abbiamo preso. Uno dei libri più belli che abbia letto parla proprio di questo, di scelte, di come una scelta sbagliata, magari fatta con il migliore degli intenti, possa portare ad una serie di eventi imprevisti, o catastrofici. Il libro si chiama "Pet Sematary", del maestro dell'orrore Stephen King, e non si tratta di una semplice storia dai risvolti orrorifici, ma di una narrazione intensa e coinvolgente che contiene al suo interno, come nella maggior parte delle opere del Re del brivido, elementi di introspezione che rimandano allo studio dei comportamenti umani, momenti di riflessione circa l'evolversi costante ed inevitabile della società umana, e soprattutto il tema della scelta.
La storia vede per protagonista la famiglia Creed, composta dai due coniugi, Louis e Rachel, dai due figli Ellie e Gage, e dal loro gatto Church. La famiglia si trasferisce in una bella casa nello stato del Maine, casa che ha l'unico difetto di essere situata ad un passo dalla superstrada che porta alla piccola città di Ludlow.
La strada ha causato diversi incidenti nel corso del tempo, incidenti nei quali sono spesso rimasti vittime gli animali domestici dei residenti della zona. Questo è l'avvertimento che da alla famiglia l'anziano Jud Crandall, un vecchietto gentile che abita dall'altra parte della strada, e che diventerà presto amico dei nuovi arrivati, stare attenti alla strada e non sottovalutare mai il pericolo che incombe in ogni momento.
La fase di adattamento alla nuova realtà si rivela subito problematica, in quanto all'università del Maine, dove Louis è stato chiamato a lavorare come medico, muore un ragazzo, che tormenterà in sogno Louis, che ha avuto la sfortuna di trovarsi ad ascoltare le ultime parole del moribondo. Le cose si complicano ancora quando il vecchio Jud porta la famiglia a fare una passeggiata nei boschi che circondano la casa, fermandosi in particolare in un'area situata nel cuore della foresta, alla quale si accede tramite un piccolo sentiero, denominata il "Cimitero degli animali". Qui, nei decenni precedenti, sono stati seppelliti tutti gli animali vittime della superstrada, e le loro piccole tombe messe su dai loro giovani padroni nel corso degli anni campeggiano sinistramente con tutto il carico di degrado che l'incedere del tempo ha generato. La visita al singolare cimitero provoca reazioni contrastanti nella famiglia, in particolare Ellie rimane colpita dal significato di quello che ha visto, ed il tema della morte inizia a diventare materiale di discussione all'interno del nucleo familiare. Una tensione sinistra inizia ad aleggiare intorno alla casa ed alla nuova vita della famiglia Creed, tensione che arriva al culmine quando la mattina del Ringraziamento, mentre Rachel ed i figli sono in visita ai genitori di lei a Chicago, Louis trova Church privo di vita, proprio a causa di un incidente sulla tanto temuta superstrada. Non sapendo come fare, e avendo il terrore di dover dare la notizia in particolare alla piccola Ellie, che proprio in quel momento è alle prese per la prima volta con interrogativi che riguardano la morte e il perdere gli affetti cari, si fa aiutare da Jud, che lo conduce al cimitero degli animali. Pur non capendo i motivi di un viaggio del genere, Luois segue l'anziano amico, portandosi appresso il cadavere martoriato del gatto appena deceduto. Jud conduce Louis nel folto della foresta, fino al cimitero degli animali e oltre, in un posto ancora più inaccessibile. Dopo le ripetute domande circa la natura della loro destinazione, Louis scopre da Jud dell'esistenza di un altro cimitero, un antico luogo di sepoltura degli indiani Micmac, un luogo magico e pieno di potere che è stato mantenuto segreto dai pochi abitanti della zona che ne conoscevano l'esistenza. In questo posto, afferma Jud in un misto di ottimismo e timore, è possibile far tornare in vita gli animali, e, accenna poi l'anziano vicino, nel corso delle decadi c'è stato anche qualcuno che ha tentato di far tornare in vita delle persone. Nonostante l'ovvio scetticismo di Louis, i due giungono infine su una specie di altopiano nascosto nel fitto della foresta, e seppelliscono Church, per poi tornare a casa, stanchi e spossati. Nonostante la sensazione di irrealtà data dalla follia della situazione, Louis si scopre a sperare in quell'assurda leggenda legata a quel posto antico e misterioso, e la sua speranza si trasforma in una gioia indescrivibile quando il mattino successivo il gatto di famiglia si fa trovare a casa, come se nulla fosse successo. Tuttavia la gioia dura non molto, fino a quando Louis scopre che il gatto è tremendamente cambiato, che da tenero compagno di giochi si è tramutato in uno spietato assassino di topi e uccellini, in una creatura dallo sguardo nefasto che mantiene solo l'aspetto di quello che era una volta. Un involucro di carne e ossa riempito da qualcos'altro, da qualcosa di malvagio. Rachel ed i piccoli tornano a casa, e anche loro notano i cambiamenti subentrati nel piccolo felino, che adesso è perennemente accompagnato da un odore nauseante. Passano tuttavia i mesi, e proprio quando la normalità stava tornando a regnare all'interno della famiglia Creed, proprio quando quella notte di leggende e cose impossibili iniziava a sbiadirsi definitivamente nella memoria di Louis, succede l'irreparabile. Una nuova tragedia, completamente inaspettata. Il piccolo Gage viene travolto da un camion mentre giocava vicino alla superstrada. La famiglia Creed piomba nell'incubo, incubo che si fa doppiamente insopportabile per Louis, che in un qualche modo si sente responsabile più degli altri per quello che è accaduto. Dopo la disperazione totale nella quale sprofonda, inizia in lui a farsi strada un'idea, che dapprima appare folle ed inconcepibile, ma che man mano sembra diventare l'unica soluzione possibile per uscire da quel dramma. L'anziano Jud mette in guardia Louis sulla follia di quell'idea, ma nella testa del giovane padre di famiglia esiste solo una cosa giusta da fare...
Il libro procede poi in un continuo di colpi di scena e di riflessioni sorprendenti, verso un finale che non potrà non lasciare un cumulo di interrogativi e di spunti di riflessione. Il tema della scelta, della perdita delle persone care, dell'accettazione, della forza nel perseguire uno scopo che può apparire folle ma che è in realtà l'unica via per la salvezza. Un libro che oltre al piacere del brivido e dell'orrore ci regala diversi motivi per riflettere, per farci delle domande, domande che magari non abbiamo mai osato porci, su quesiti che finora non ci hanno mai toccati. Cosa fare al posto di Louis Creed? Voi fareste un secondo viaggio verso il misterioso cimitero dei Micmac, o accettereste l'idea di dover rinunciare per sempre a vostro figlio? Una questione di scelte...

Marilyn Manson - Sweet Dreams

lunedì 3 giugno 2013

Notte e nebbia...

Lo spunto è arrivato, come spesso capita, dalle cose più inaspettate, e semplici... La pioggia ha cessato di cadere, il cielo è coperto da nuvole scure e dense, ma uno strano silenzio regnava per le strade stanotte. Pochissime macchine in giro, pochissimi rumori di città, solo uno strano silenzio ovattato e umido che riempiva ogni cosa. Dai parchi e dalle piccole zone verdi si levavano piccoli banchi di nebbia, una sottile nebbia chiara e sfilacciata che si allungava per le strade, che si mischiava in cumuli serpeggianti che riempivano le vie di cemento, nascondevano i palazzi alla vista. I semafori lampeggianti riflettevano la loro luminosa intermittenza sulle strade lucide della pioggia del pomeriggio, e tra una pozzanghera ed un piccolo mucchio di foglie umide la nebbia zigzagava con il loro pallido ed etereo silenzio, dirigendosi in luoghi che solo lei conosce, come guidata da una volontà propria. Ho respirato per un pò gli umori della notte, ho assaporato il silenzio inverosimile che regnava in mezzo a quella nebbia velata di biancori onirici, poi, prima che tutto svanisse come in un sogno, sono rientrato in casa. Ho aperto le finestre ma non ho guardato di fuori, l'idea che la meraviglia di quegli attimi preziosi si fosse già dileguata nell'oscurità della notte mi rattristava troppo. Ho acceso il computer invece, per cercare di dare una forma "fisica" alle sensazioni che mi erano rimaste intrappolate dentro. Notte e nebbia...notte e nebbia....

Piove...Questa ci sta veramente bene..

http://youtu.be/7_mi_U11cTc

domenica 2 giugno 2013

Non sono un grande fan della rete, del web...Non ho la minima idea di come funzioni un blog... Non so neanche perché mi sono ritrovato ad arrivare a questo momento, a fissare la pagina bianca in attesa che i miei caratteri la riempiano, ma forse il fatto che io mi trovi qui ora davanti al mio pc a pensare a cosa scrivere   su questa pagina ha un certo senso. O forse no... Forse un perché c'è... Forse è un semplice istinto umano, un istinto irrinunciabile e non arginabile... Come imbattersi in una tela bianca con vicino un pennello e dei colori. Voi resistereste alla tentazione di afferrare un pennello e tracciare anche solo una linea di colore su quella tela illibata? Io no. L'istinto di creare, di costruire qualcosa dal nulla... istinto, meccanismo automatico o semplice reazione ad uno stimolo interiore, possiamo chiamarlo come vogliamo. Alcuni non possono resistere a questo richiamo, e io sono tra quelli. Così forse ho risposto al quesito iniziale. Forse è questo che mi ha spinto ad andare contro ad altre pulsioni che mi obnubilavano la mente nell'istante in cui dovevo fare l'ultimo clic che avrebbe portato a termine il processo di creazione del blog. Questo istinto creativo che ha prevalso su tutto il resto, sulla mia riservatezza, sul mio disinteresse nel condividere ogni particolare della mia vita con gli altri, anche sul buon senso forse. Per come la vedo io l'istinto che prevale sugli altri è quello da seguire... Di certo il mio intento non è quello di ammorbare il prossimo con i dettagli della mia vita e con tutto quello che può passarmi per la testa. In effetti non ho nessun maledetto intento... Semplicemente di colpo ho preso e creato...processo creativo...Non ne verrà fuori nulla, e forse è stato proprio questo a spingermi a creare questa pagina. L'idea di creare qualcosa che non abbia per forza un fine, uno scopo, nessun numero di "Follower" da raggiungere o cose del genere... Non tutti dipingono quadri per poi venderli, e sono convinto che le opere d'arte più belle che l'umanità possa mai vedere si trovano a marcire in qualche cantina umida o nella umile dimora di un fabbro o di un carpentiere. Quindi eccolo, il mio blog. Non so se qualcuno si troverà mai a passare di qui e a leggere queste righe, ma questo non ha importanza. L'unica cosa che conta per me è rispettare il motivo per il quale non mi sono fermato dinanzi a quell'ultimo clic che avrebbe terminato il processo di creazione. L'istinto di creazione... Forse ogni tanto scriverò qualcosa come in questo momento, ascoltando il vento che si insinua dalla finestra e fa ondeggiare lievemente le tende, o magari con le cuffie nelle orecchie ed una musica di sottofondo, o magari non scriverò più nulla perché dovrò seguire altri stimoli, altri istinti, ma come ho detto poco prima questo non ha importanza. Qualcosa dentro di me tuttavia mi induce a pensare che forse l'idea di buttare qualche riga qui ogni tanto, come stilare una specie di diario o semplicemente mettere pensieri su "carta", potrebbe non dispiacermi così tanto... Magari una riflessione che non riesco a far venire alla luce in altro modo, o qualcosa che mi risalga da giù, dal profondo... Si, dal profondo... Ora abbiamo dato un senso anche al nome del blog. Forse questo intervento non è stato del tutto inutile, infine.